Non è una storia d'amore
Autore: Dino Buzzati
Editore: Mondadori
Prima edizione: 1963
Questa è la storia di un amore.
Non una storia d'amore.
"Complessivamente una storia ridicola, una vicenda
come tante, banale, storta, comica, meschina".
Sembra un Buzzati diverso quello che si legge in queste
pagine, lontano da Giovanni Drogo e dalla Boutique del mistero; ma ad una più
attenta lettura non è così.
Le vicende delle quasi 300 pagine non hanno quasi importanza
di fronte all'indagine interiore che vive il protagonista, accompagnato dal suo
scrittore.
Tutto comincia un mattino del febbraio 1960 in quel di
Milano.
Antonio Dorigo, 49enne, architetto, "l'artista
ormai quasi celebre, il geniale scenografo, la personalità invidiata, l'uomo
immediatamente simpatico", "un borghese nel pieno della vita,
intelligente, corrotto, ricco e fortunato" incontra nella casa di
appuntamenti, di cui è assiduo frequentatore, la Laide, al secolo Adelaide
Anfossi, "maschietta" minorenne con una "deliziosa
pronuncia così milanese con quello strano erre aristocratico", lunghi
capelli neri ("I capelli neri si spanderanno intorno come l'inchiostro
da un bottiglione infranto") e "il classico corpo della
ballerina, snella, le anche strette, le cosce lunghe e slanciate, i seni
piccoli da bambina".
Dorigo ha sempre pagato l'amore, perchè incapace di entrare
in sintonia con il genere femminile: "La donna, forse a motivo
dell'educazione familiare, gli era parsa sempre una creatura straniera [...] La
donna era sempre per lui la creatura di un altro mondo, vagamente superiore e
indecifrabile". Perciò questo borghese ricorre ad incontri da poche
lire: "Che cosa meravigliosa la prostituzione, pensava Dorigo. Crudele,
spietata, quante ne restavano distrutte. Però che meravigliosa".
Laide non lo colpisce sulle prime, ma il pensiero di lei si
incunea nella sua mente per colpa di una presunta somiglianza con una giovane
incontrata per caso tempo prima.
In lei "c'era qualcosa di fresco, di popolaresco, ma
non volgare" che fa calare Tonino in un gorgo dal quale non uscirà. O
forse sì.
Le pagine si snodano intorno alle elucubrazioni di questo
uomo, flussi liberi di coscienza che fanno calare il lettore nello stesso stato
d'animo del protagonista; l'assenza stessa della punteggiatura rende l'idea
dello scivolare dei pensieri. Tonino si lascia andare a gelosie e sospetti
sul conto di questa Lolita che vorrebbe solo per sé: "Pestilenziali
immaginazioni del cervello che gli avvelenano la vita gli rendono la vita un
inferno", "gelose fantasie costruite magari sul niente, ma
perchè no".
Negli ultimi capitoli determinante sarà l'incontro di Dorigo
con Piera, "collega" di Laide, che fa la parte dell'antico
coro greco, spiegando al protagonista tutto quello che fino ad allora non era
ancora riuscito a capire: "Un borghese, sei, ecco la questione, schifosamente
borghese, con la testa piena di pregiudizi, borghesi, orgoglioso della tua
rispettabilità borghese [...] Lei ti vendeva il corpo tu pretendevi anche
l'anima".
Dorigo non proverà mai amore per Laide, nel senso comune del
termine, anche se lui pensa che lo sia. Sarà ossessione e adorazione,
fissazione e umiliazione, speranza e disperazione, onda nera dell'angoscia,
"come il cacciatore che si apposta per fucilare la lepre e vede il
drago". Antonio arriverà a toccare i vertici dell'amore romantico,
vedendo nella natura stessa, negli alberi, lo specchio dei suoi sentimenti, ma
già alla fine del viale si accorgerà di starsi sbagliando.
Laide da parte sua nemmeno riuscirà a dargli ciò che lui
vorrebbe, perchè la vita non le ha insegnato a farlo e perchè per la giovane
ragazza è "come se tutto, intorno a lei, fosse nemico, e lei dovesse
guardarsi".
Saranno sempre incompatibili: "Ecco, per te sono
tutte puttane [...] Noi dobbiamo per forza essere tutte delle troie".
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| La grande tour, De Chirico, 1913 |
Si potrebbe banalizzare dicendo che lungo tutta la trama è
impossibile dire a quale dei due protagonisti credere, per quale dei due
parteggiare, quale dei due stesse raccontando più bugie o chi si stesse
sbagliando.
Ma è questa la forza della storia: non importa la verità,
non importa come siano andate le cose; quello su cui Buzzati investe è
l'analisi della mente umana, il suo contorcersi e dimenarsi di fronte ad un
sentimento potente, un amore, dove l'articolo indeterminativo diventa
fondamentale per comprendere l'intenzione.
E si aspetta il finale, per tirare i fili di queste
due psicologie, che hanno corso su binari paralleli per tutto il romanzo e che
forse continueranno a farlo per sempre. E dove a Laide viene dato il compito di
partorire le venti parole più difficili di tutto il romanzo, senza
accorgersene: ""Io non ho niente da darti" gli ha
risposto la Laide "l'unica cosa che posso darti è questa mia persona, se
non ti fa schifo"".
L'ultimo capitolo del romanzo viene lasciato in carico ai
suoi stessi protagonisti: lo scrittore fa un passo indietro, lasciando agli
amanti l'agognata intimità, nella camera da letto di Dorigo, in una notte
milanese con una "grande torre inesorabile nera" sullo sfondo.
Soundtrack: Un romantico a Milano -
Baustelle


Ho letto questo libro parecchio tempo fa e, dico la verità, non mi era proprio piaciuto....ma.....mi sa che lo rileggerò cercando di capirlo con i tuoi occhi
RispondiElimina....commento intrigante che fa venir voglia di leggere il libro. Non conoscevo Buzzati da questo punto di vista....
RispondiElimina... ho letto il libro e ne sono rimasto affascinato. L'inizio sembra stentare ad avviarsi per via di un sapore della situazione dato quasi per scontato, poi mano mano che si entra nel libro si viene lentamente assorbiti dai protagonisti che, nella parte finale, offuscano il contorno spingendo il lettore a cercare la parola fine del libro. Bello, molto bello.....
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