Le creature del niente

Titolo: Ieri
Autore: Agota Kristoff
Editore: Einaudi
Prima edizione: 1997

Questa è la storia di un passato e di un uomo che non vuole lasciarlo andare. Forse finge di volerlo fare o forse il contrario.

"Ieri" è un gioiello prezioso di appena un centinaio di pagine, che sconvolge le interiora di chi lo legge. 

Tobias Horvath è un emigrato, impegnato in una fabbrica di orologi, intrappolato in una "quotidiana lentezza dell'abitudine e della ripetizione di gesti vuoti". E' cresciuto nella sua terra natale ("sono nato in un villaggio senza nome, in una nazione senza importanza") circondato dalla povertà e dall'abbandono: "posso persino dire d'aver avuto un'infanzia felice perchè non sapevo che esistessero altre infazie". Figlio di una donna del degrado ("mia madre era la ladra, la mendicante, la puttana del villaggio") si macchierà di un delitto, o almeno lo crederà, per liberarsi e scappare in una paese straniero.
Qui cambierà nome, diventando Sandor Lester, rifugiandosi nella scrittura e nell'attesa di Line, una donna/ricordo, un desiderio d'amore che lo terrà vivo.

La storia si snoda intorno a due ossessioni. 
La prima, l'amore per Line, nella quale Sandor identifica tutte le donne che incontra: "Si chiama Line, è la mia donna, il mio amore, la mia vita. Non l'ho mai vista". Il giorno in cui Line arriverà, sarà come il materializzarsi di un ricordo, di una preghiera tante volte recitata e mai ancora esaudita; quest'apparizione porterà con sè la speranza e la disillusione, l'more e l'odio, un passato certo e un futuro da inventare: un dualismo del quale alla fine resterà solamente l'ineluttabilità.
La seconda, invece, è per la scrittura, nella quale il protagonista si rifugia per sfuggire alla quotidianità e nella quale si consumano le lotte interiori tra Tobias e Sandor, tra presente e passato, tra appartenenza e distacco ("In che lingua scrivi? - Nella lingua di qui"; "Non scrivo più nella lingua di qui le mie storie bizzarre, scrivo poesie nella mia lingua materna": la Kristof stessa scriverà sempre in francese, sua lingua d'adozione, ma non riuscirà mai a padroneggiarla completamente). La scrittura diventa necessità e tentativo di riscatto ("Povero Sandor, tu neanche lo sai cos'è un libro").

"In genere di accontento di scrivere nella testa. E' più facile, nella testa tutto si srotola senza difficoltà. Ma, una volta scritti, i pensieri si trasformano, si deformano, e tutto diventa falso. A causa delle parole". Dieci anni dopo James Sveck, il "disadattato" protagonista di "Un giorno questo dolore ti sarà utile" di Peter Cameron, professerà la stessa filosofia: "I pensieri sono più veri quando vengono pensati, esprimerli li distorce o li diluisce, la cosa migliore è che restino nell'hangar buio della mente nel suo clima controllato, perchè l'aria e la luce possono alterarli come una pellicola esposta accidentalmente".

La Kristof scrive la sua storia in prima persona, un flusso di coscienza violento e molto lucido, pur nei suoi momenti di dissociazione, e lo stile di frasi brevi e paragrafi spezzati rispecchia la frammentazione dell'animo del protagonista.

Sandor è un esule e non importano coordinate geografiche, poichè questa condizione non ha connotati: avendola sperimentata sulla propria pelle, la scrittrice ungherese conosce bene cosa significhi lasciare la propria terra ed essere costretti ad andare a lavorare in fabbrica, sognando una vita da scrittrice. Come la sua autrice, Sandor è un operaio-scrittore, creatura del niente ("proprio diventando niente si può diventare uno scrittore"), senza passato e senza futuro.


"Così domani non sarà che un tempo incerto, sfocato, il tempo dei sopravvissuti. E ieri è tutto quello che rimane". 


Soundtrack: Ieri - Subsonica

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